Anoressia nervosa e densità minerale ossea, lo status vitaminico D fa la differenza



La condizione di ipovitaminosi D potrebbe inficiare i benefici derivanti dall’intervento di recupero ponderale effettuato in pazienti affette da anoressia nervosa. Alla base di questo outcome sfavorevole associato al deficit vitaminico D vi sarebbe un aumento dei processi di riassorbimento osseo mediati dall’iperparatiroidismo secondario.
 
Sono queste le conclusioni di uno studio italiano condotto da ricercatori italiani dell’Università di Verona e pubblicato online ahead-of-print sulla rivista International Journal of Eating Disorders (1) che suggerirebbero un possibile razionale ulteriore alla supplementazione vitaminica, da confermare in studi clinici prospettici ad hoc.
 
Razionale dello studio
Tra i disturbi del comportamento alimentare, l’AN, insieme alla bulimia, è uno dei più importanti e frequenti, soprattutto nel mondo industrializzato. La sua presenza si associa a deterioramento della salute dell’osso e a bassa DMO, come conseguenza del raggiungimento di un picco di massa ossea inadeguato nel corso dell’adolescenza e della perdita di massa ossea documentato nella prima giovinezza.
 
“L’intervento di recupero ponderale è attualmente indicato come la strategia principale da adottare per aumentare la DMO nei pazienti con AN, nonostante nel corso degli ultimi anni siano stati proposti alcuni approcci farmacologici – ricordano gli autori nell’introduzione allo studio”.
 
D’altro canto, alcuni studi della scuola di Verona sulla salute ossea in presenza di AN hanno dimostrato come il deficit vitaminico di 25(OH)D rappresenti un evento per niente raro nei pazienti non trattati e come esista una forte correlazione positiva tra lo status vitaminico D e la DMO dell’anca (2,3). Il deficit di vitamina D, causa della riduzione di efficienza dell’assorbimento di calcio e di fosforo a livello intestinale, determina, a sua volta, un incremento dei livelli di PTH che è responsabile dell’insorgenza della condizione di iperparatirodismo secondario all’ipovitaminosi D (4).
 
In presenza di questa disfunzione secondaria, il mantenimento della calcemia entro il range di normalità si realizza attraverso la mobilizzazione del calcio dallo scheletro e l’incremento dell’escrezione renale di fosforo. L’incremento di attività osteoclastica mediato dal PTH porta alla creazione di zone locali di ridotta resistenza ossea ed è causa di una deplezione generalizzata di DMO, con conseguente insorgenza di osteopenia e osteoporosi (4).
 
“Ad oggi – continuano gli autori – è ancora sconosciuta la relazione esistente tra lo status vitaminico D e l’efficacia delle misure di recupero ponderale sull’incremento di DMO in persone affette da AN, né vi sono studi o esperienze documentate di supplementazione vitaminica in questo setting, in associazione a programmi di ripristino del peso corporeo. (…) Ciò premesso, alcuni studi sulla patogenesi della perdita minerale ossea in presenza di AN suggeriscono che, alla base di quanto osservato vi sarebbe un’alterazione del metabolismo osseo, con un disaccoppiamento tra i marker di riassorbimento e quelli di formazione ossea”.
 
Di qui il nuovo studio, che si è proposto di di analizzare lo status vitaminico e il metabolismo osseo in una coorte di 91 pazienti con AN e amenorrea secondaria, sottoposte ad intervento di recupero ponderale, al fine di verificare se le pazienti affetti da AN e ipovitaminosi D potessero essere caratterizzate da un peggioramento del metabolismo osseo e una più bassa DMO rispetto alle pazienti con AN e valori di vitamina D adeguati.
 
Disegno dello studio e risultati principali
Il campione in studio era composto interamente da adolescenti di sesso femminile e giovani donne, affette da AN e amenorrea secondaria , di età compresa tra 13 e 45 anni (età media= 24 ± 9 anni). Il 36,3% del totale (n=33) era costituito da pazienti adolescenti, sottoposte ad un programma dietetico standardizzato di recupero del peso corporeo della durata di 20 settimane.
 
All’inizio del programma dietetico, il fabbisogno calorico era fissato a 1.500 calorie/die, incrementati ogni settimana di 500 kcal per paziente allo scopo di raggiungere un recupero ponderale pari a 1-1,5 kg/settimana.
 
Al raggiungimento di un BMI pari a 19 kg/mq (o del corrispondente centile di BMI nelle adolescenti), il fabbisogno calorico giornaliero era successivamente aggiustato in maniera tale che il peso corporeo si mantenesse entro un range di 2 kg rispetto al target.
 
Il regime dietetico utilizzato nel programma di recupero ponderale era bilanciato e conforme alle Linee Guida per una sana alimentazione Italiana del 2003.
La dieta prevedeva un’assunzione quotidiana di calcio compresa nel range 800 mg-1.000, e un introito di vitamina D stimato in 400 UI/die.
 
Nessuna delle pazienti reclutate nello studio era sotto trattamento con farmaci noti per influenzare il metabolismo osseo e/o la composizione corporea.
Quanto alla somministrazione di farmaci psicotropi, questa è stata gradualmente interrotta nel corso delle prime 2 settimane di ospedalizzazione.
I ricercatori hanno registrato, sia prima che a 20 settimane dall’inizio del programma di recupero ponderale, i valori di DMO mediante DEXA, nonché i valori ematici di 25(OH)D, dei marker di metabolismo osseo e di PTH intero.
 
Risultati principali
Analizzando i risultati principali, è stato documento un incremento medio della DMO solo a livello del rachide (1,0% ± 3.6%, p=0,009), a fronte di un incremento del peso e del BMI in tutte le pazienti reclutate nello studio.
 
L’incremento di DMO del rachide, però, è risultato significativamente più elevato per livelli di 25(OH)D post-intervento dietetico-comportamentale pari a 30 ng/mL (2,5 vs. 0,5%, rispettivamente, per valori di 25(OH)D > e
 
Lo studio ha documentato anche una riduzione significativa dei livelli di CTX (marker di riassorbimento osseo, p=0,043) e, parallelamente, un incremento di P1NP (marker di neosintesi ossea. P<0,001), dopo programma di recupero corporeo.
 
Infine, è stato registrato anche un incremento significativo dei livelli di PTH, inversamente correlato con livelli ridotti post-intervento dietetico-comportamentale di 25(OH)D (p<0,001).
 
Implicazioni dello studio
In conclusione, l’AN associata ad amenorrea aumenta il rischio di alterazione della salute dell’osso e di livelli ridotti di DMO in ragione del prevalere dei meccanismi di catabolismo osseo su quelli di sintesi ossea. Nonostante i programmi di recupero ponderale rappresentino la chiave di volta per il trattamento della malattia ossea associata all’AN, la loro efficacia potrebbe essere dipendente da un forte effetto positivo sui processi di formazione ossea, mentre l’ipovitaminosi D sembrerebbe inficiare il beneficio instaurando un iperparatirodismo responsabile, al contrario, dell’incremento dei processi di riassorbimento osseo.
 
Tali osservazioni, secondo gli autori, suggeriscono il possibile ricorso alla supplementazione vitaminica D, finalizzata al raggiungimento di livelli vitaminici post-intervento dietetico-comportamentale >30 ng/mL.
 
Bibliografia
1. Giollo A et al. Vitamin D levels strongly influence bone mineral density and bone turnover markers during weight gain in female patients with anorexia nervosa. Int J Eat Disord. 2017;1–9.
2. Gatti D et al. Strong relationship between vitamin D status and bone mineral density in anorexia nervosa. Bone, 2015; 78, 212–215. doi:10.1016/j.bone.2015.05.014
3. Viapiana O et al. Marked increases in bone mineral density and biochemical markers of bone turnover in patients with anorexia nervosa gaining weight. Bone, 2007; 40, 1073–1077. doi: 10.1016/j.bone.2006.11.015
4. Holick MF et al. Evaluation, treatment, and prevention of vitamin D deficiency: An endocrine society clinical practice guideline. The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, 2011; 96, 1911–1930. doi: 10.1210/jc.2011-0385