Anziani fragili ospedalizzati, la vitamina D scarseggia!



La condizione di forte carenza vitaminica D è estremamente frequente nei pazienti anziani ospedalizzati. La conferma giunge da uno studio di recente pubblicazione sulla rivista BMC Geriatrics che, di fatto, sancisce l’inutilità dei test di misurazione della vitamina D in questi soggetti prima di decidere il ricorso ad un’eventuale supplementazione vitaminica.
 
Razionale dello studio
“Gli effetti della supplementazione di vitamina D nel ridurre il rischio di cadute e di fratture in soggetti anziani con deficit vitaminico sono ormai notoriamente documentati da tempo – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – (…) anche se alcuni trial clinici randomizzati hanno indicato che supplementazioni di vitamina D a dosaggi elevati si associano ad un incremento del rischio di cadute e fratture nei soggetti più anziani”.
 
Il problema del dosaggio ottimale di vitamina D da considerare
Ancora oggi, dunque, permangono controversie sui livelli ottimali di 25(OH)D da raggiungere o mantenere. “L’IOM – spiegano i ricercatori – suggerisce livelli di concentrazione di 25(OH)D >20 ng/ml nella popolazione generale. L’Endocrine Society, invece, raccomanda il raggiungimento di livelli di concentrazione di 25(OH)D>30 ng/ml come valori desiderabili, individuando nelle concentrazioni <20 ng7ml e nel range 20-30 ng/ml i valori soglia per definire, rispettivamente, la condizione di deficit e di insufficienza vitaminica D”.   “Per quanto – continuano - l'esistenza di diverse relazioni 25(OH)D-PTH osservate in gruppi differenti per età e per sesso implichi differenti range target da raggiungere, alcune evidenze scientifiche robuste indicano che la prevalenza di iperparatiroidismo secondario è più bassa con concentrazioni di 25(OH)D >30 ng/ml. Inoltre, la maggior parte degli studi di intervento, che ha raggiunto livelli vitaminici D pari, almeno, a 30 ng/ml, hanno determinato una riduzione del rischio di cadute, a differenza degli studi di intervento nei quali i livelli vitaminici target erano pari, almeno, a 20 ng/ml. Pertanto, livelli vitaminici target ≥30 ng/ml sono considerati adeguati per i pazienti geriatrici con rischio elevato di cadute e osteoporosi”.
 
L’ipotesi dello studio
“Alla luce delle conoscenze attuali – scrivono gli autori dello studio – si stima che la prevalenza della condizione di insufficienza e di deficit vitaminico D nei pazienti anziani ospedalizzati sia elevata, anche se non ancora ben studiata, mentre i predittori di deficit vitaminico sono sconosciuti”.

D’altro canto, è noto che la valutazione di routine dello status vitaminico D è onerosa e che sarebbe più utile investire i soldi spesi in questo intervento in attività di supplementazione, una volta assodato che la prevalenza della condizione di insufficienza vitaminica D è estremamente elevata.
 
Disegno dello studio
L’ipotesi al vaglio dei ricercatori è stata quella di verificare l’esistenza di una prevalenza estremamente elevata delle condizione di insufficienza vitaminica D nei pazienti anziani fragili ospedalizzati e di indicare nella condizione di immobilità un predittore robusto di deficit vitaminico D.
 
A tal scopo, sono stati analizzati retrospettivamente i dati relativi a 217 pazienti geriatrici ospedalizzati, ai quali erano state effettuate misurazioni routinarie di 25(OH)D all’ospedalizzazione, e dei quali erano note informazioni pregresse su interventi di supplementazione vitaminica D e sullo stato di salute in generale.
 
I ricercatori hanno identificato come soggetti con deficit vitaminico D quelli con concentrazioni sieriche di 25(OH)D<20 ng/ml, come soggetti con insufficienza vitaminica D quelli con range di concentrazioni sieriche comprese 20 e 29,99 ng/ml, e come soggetti con concentrazioni normali (auspicabili) di vitamina D quelli con concentrazioni sieriche >30 ng/ml.
Sono poi ricorsi ad un modello di regressione logistica per valutare gli effetti simultanei di età, sesso di appartenenza e valutazione geriatrica sulla prevalenza di basse concentrazioni di vitamina D.
 
Risultati principali
L’età media della coorte era pari a 81,6 ± 8,0 anni (70,0% femmine). La concentrazione sierica media di 25(OH)D era pari a 12,7 ± 12,9 ng/ml.
Su 167 individui senza intervento pregresso noto di supplementazione vitaminica (77%), solo 21 (pari al 12,6%) aveva concentrazioni sieriche ≥20 ng/ml e solo 8 (4,2%) concentrazioni sieriche desiderabili ≥30 ng/ml.
 
Nella popolazione totale, 146 partecipanti allo studio (87,4%) mostravano deficit vitaminico D. Nonostante la supplementazione di vitamina D, 22 partecipanti su 50 (44%) mostravano deficit vitaminico D e solo 19 (38%) concentrazioni desiderabili di vitamina D ≥30 ng/ml.
 
Da ultimo, in un’analisi di regressione logistica, solo l’assunzione pregressa di vitamina D mediante supplementazione e un elevato punteggio GDS-15 (Geriatric Depression Scale score) sono risultati significativamente associati alla condizione di deficit vitaminico D.
 
Implicazioni dello studio
La quasi totalità dei pazienti dello studio (96%) è risultata avere concentrazioni sieriche di 25(OH)D al di sotto delle concentrazioni desiderabili (≥30 ng/ml).
“Con questi dati – argomentano i ricercatori – è possibile prendere in considerazione l’abolizione delle misurazioni di routine dei livelli vitaminici D prima dell’inizio della supplementazione”.
 
“Pertanto – concludono – il ricorso al test di misurazione dei livelli di vitamina D dovrebbe essere utilizzato per il monitoraggio della supplementazione piuttosto che per dare indicazioni sull’opportunità di supplementare nei pazienti anziani fragili ospedalizzati”

Bibliografia
Boettger SF et al. Prevalence and predictors of vitamin D deficiency in frail older hospitalized patients. BMC Geriatrics (2018) 18:219
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