Come viene attivata la vitamina D per esplicare le sue funzioni nell’organismo



Perchè possa attivarsi ed esplicare le sue funzioni nell’organismo la vitamina D assunta con gli alimenti o sintetizzata a livello della cute deve passare per una serie di reazioni chimiche di idrossilazione (in vari tessuti).

L’idrossilazione è una reazione chimica caratterizzata dall’aggiunta in una determinata molecola di un gruppo idrossile (o ossidrile) di un gruppo monovalente –OH, presente in numerose molecole organiche ed inorganiche.

La vitamina D possiede pochissima attività biologica intrinseca: deve infatti subire idrossilazioni successive (in vari tessuti) per poter esercitare la sua funzione ormonale.

In sintesi, il ciclo della vitamina D inizia con l’assorbimento della vitamina D3 (colecalciferolo) e della vitamina D2 (ergocalciferolo) a livello intestinale (fig.1) e, tramite la circolazione linfatica, il loro depositarsi, in ragione dell’elevata lipofilia, nelle cellule del tessuto adiposo. La quota di vitamina D in eccesso, ovvero impossibilitata a legarsi al tessuto adiposo, entra nel circolo sanguigno e raggiunge il fegato grazie ad una proteina specifica di trasporto nota come Vitamin D binding protein (DBP).

Questa proteina è in grado di legare sia la vitamina D3 che la vitamina D2 ma con una differente “efficienza”, nel senso che lega più facilmente la vitamina D3 anziché la vitamina D2. Ciò spiega perchè il fabbisogno di vitamina D deriva prevalentemente dal colecalciferolo prodotto per sintesi cutanea o assunto tramite l’alimentazione che non dall’ergocalciferolo.

A livello del fegato, la vitamina D trasportata dal circolo sanguigno è trasformata in idrossi-vitamina D [25(OH)D] mediante l’enzima 25-idrossilasi. A questo punto la vitamina D, sotto forma del metabolita 25(OH)D rientra in circolo, si lega nuovamente alle DBP e raggiunge il rene. Qui può andare incontro a due diverse reazioni di idrossilazione, catalizzate da differenti idrossilasi (la 1α-idrossilasi e la 24-idrossilasi). Il risultato di queste due diverse reazioni di idrossilazione dà luogo, rispettivamente, alla produzione di 1,25-diidrossicolecalciferolo [1,25(OH)D] (calcitriolo), la vitamina D attiva, ed al 24,25-diidrossicolecalciferolo [24,25(OH)D], una forma inattiva.

Come per tutti gli ormoni, la vitamina D attivata (calcitriolo), per esplicare la sua azione biologica nell’organismo, deve legarsi a recettori specifici, noti con l’acronimo VDR (Vitamin D receptor). Gli effetti indotti dalla vitamina D possono essere genomici- ovvero portare alla stimolazione diretta della trascrizione di geni e, quindi, alla sintesi ex-novo di proteine – o non genomici – A seconda dell’effetto mediato dalla vitamina D (genomico o non genomico), avremo due tipi di recettore (fig.2).

Nel primo caso la vitamina D attivata (calcitriolo) si lega ad un recettore localizzato nel nucleo cellulare a distribuzione ubiquitaria nell’organismo (tab.1).

Nel secondo caso, invece, il calcitriolo si lega ad un recettore localizzato a livello della membrana cellulare, attivando secondi messaggeri cellulari (ad esempio AMP ciclico, diacilglicerolo e inositolo fosfato). In questo modo la vitamina D è in grado di modulare rapidamente la risposta cellulare a determinati stimoli.