Deficit di vitamina D e obesità pediatrica, c’è di mezzo l’adiponectina



Usando un approccio di proteomica, un gruppo di ricercatori italiani guidato da Gianni Bona, del Laboratorio di Pediatria del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università del Piemonte Orientale ”Amedeo Avogadro” di Novara, ha identificato un elemento che potrebbe collegare tra loro il deficit di vitamina D e l’obesità infantile, due condizioni diffuse in proporzioni epidemiche su scala mondiale, con dati allarmanti anche in età pediatrica. Lo studio del team piemontese è appena stato pubblicato sulla rivista PLoS ONE.

La proteomica costituisce una tecnica che consente di studiare le modificazioni nell’espressione proteica in diverse condizioni quali, per esempio, l’obesità. Questa procedura è stata introdotta dalla dottoressa Gillian E. Walker (NYU Langone Medical Center) ed è stata applicata, sotto la guida della dottoressa Flavia Prodam (Dipartimento di Scienze della Salute), su campioni di una casistica pediatrica di soggetti obesi con e senza deficit di vitamina D.

«Gillian E. Walker – spiega il professor Gianni Bona – ha identificato 53 proteine plasmatiche con differente espressione nei soggetti obesi deficitari di vitamina D rispetto a coloro che presentavano adeguati livelli di vitamina D. Tra queste, è stata riconosciuta l’adiponectina, una adipochina prodotta dal tessuto adiposo: l’adiponectina si è confermata ridotta nei soggetti con deficit di vitamina D, con miglioramento dopo supplementazione per 12 mesi. È stato, inoltre, rilevato un effetto diretto della vitamina D sulla sintesi di adiponectina a livello delle cellule adipose, dimostrando come essa ne promuova la produzione in cellule del tessuto grasso cresciute in coltura».

L’anello di congiunzione’ tra obesità infantile e carenza di vitamina D sarebbe l’adiponectina (un’adipochina prodotta dal tessuto adiposo), o meglio le forme multimeriche della proteina e in particolare l’adiponectina ad alto peso molecolare (HMW), che è risultata sottoespressa nei soggetti obesi che presentavano un deficit di vitamina D.

In letteratura ci sono sempre più evidenze di un possibile legame tra obesità e deficit di vitamina D nella popolazione mondiale. Inoltre, al di là del suo ruolo ‘storico’ nella mineralizzazione dell’osso, la vitamina D, o meglio il suo deficit, è stato messo in relazione con altre condizioni morbose quali ipertensione arteriosa, diabete mellito, insulino-resistenza, steatosi epatica non alcolica e sindrome metabolica. Di conseguenza, il deficit di vitamina D potrebbe non essere considerato solo una condizione in sé, ma un mediatore coinvolto nei disturbi metabolici e nel danno d’organo sul lungo periodo nei bambini obesi.

Tuttavia, l’esatta natura del rapporto tra obesità e deficit di vitamina D è ben lungi dall’essere chiarita e le molecole chiave circolanti alla base di questa correlazione sono ancora sconosciute.

Per saperne di più, i ricercatori piemontesi hanno fatto alcune analisi proteomiche per cercare di trovare queste molecole in un gruppo di bambini obesi, stratificati in base ai livelli di 25-OH vitamina D [25(OH)D].

Bona e il suo gruppo hanno coinvolto in totale 42 bambini e adolescenti obesi (di cui 18 maschi e 24 femmine) dividendoli in base ai livelli plasmatici di 25(OH)D in due gruppi: pazienti con un deficit di vitamina D (18 pazienti con 25(OH)D <15 ng/ml) e soggetti con livelli normali di vitamina (24 pazienti con 25(OH)D >30 ng/ml).

Tutti i partecipanti sono stati sottoposti alle analisi del proteoma plasmatico al basale mediante elettroforesi 2D. I pazienti con deficit di vitamina D sono stati poi sottoposti  per un anno a una supplementazione di vitamina D3 (3000 UI una volta alla settimana) e poi nuovamente sottoposti alle analisi.

L’analisi proteomica ha identificato 53 spot, corrispondenti ad altrettante proteine che differivano tra soggetti obesi normali e soggetti obesi con deficit di vitamina D, tra cui l’adiponecitina, che è stata scelta per le successive analisi di conferma in virtù della sua stretta correlazione con l’obesità e il diabete mellito.

Ebbene, le analisi dei gel elettroforetici hanno mostrato una sottoregolazione dell’adiponectina nei pazienti con deficit di vitamina D, deficit poi confermato rispetto ai soggetti normali anche dalle analisi sul plasma (P< 0,035). Inoltre, i livelli di adiponectina sono risultati aumentati in modo significativo dopo la supplementazione annuale con la vitamina D.

In particolare, nei pazienti con deficit di vitamina D i ricercatori hanno trovato livelli di adiponectina HMW, che è un indicatore surrogato della sensibilità all’insulina, significativamente più bassi rispetto ai soggetti normali e anche in questo casi i livelli sono aumentati dopo la supplementazione con vitamina D3 (P < 0,042).

In più, utilizzando un modello in vitro, i ricercatori hanno evidenziato un effetto diretto della vitamina D sulla sintesi di adiponectina a livello delle cellule adipose, dimostrando come ne promuova la sintesi negli adipociti  in coltura anche a basso dosaggio.

I dati del team italiano potranno aiutare a comprendere meglio il ruolo del deficit di vitamina D sullo stato di salute e dell’eventuale effetto protettivo della supplementazione con vitamina D, soprattutto se intrapresa in età pediatrica, nei confronti dei danni infiammatori a distanza provocati dall’obesità insorta in età evolutiva.

G.E. Walker, et al. Pediatric Obesity and Vitamin D Deficiency: A Proteomic Approach Identifies Multimeric Adiponectin as a Key Link between These Conditions. PLoS One 2014; doi: 10.1371/journal.pone.0083685
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