Fibrosi polmonare, quale ruolo per la vitamina D?



La condizione di deficit vitaminico D è associata in modo indipendente a malattia polmonare interstiziale (ILD) subclinica e alla sua progressione in soggetti adulti partecipanti allo studio di popolazione MESA (the Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis). Queste le conclusioni di uno studio pubblicato recentemente su the Journal of Nutrition, che ipotizza un ruolo possibile della vitamina D, in concentrazioni adeguate, per la prevenzione di questa condizione.

Razionale e disegno dello studio
La malattia polmonare interstiziale (ILD) è una condizione clinica caratterizzata da processi cicatriziali e di infiammazione polmonare, responsabili dell’instaurazione di danni irreversibili a carico dei polmoni, ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro.
Si ritiene che la ILD sia causata dall’esposizione a tossine ambientali, come asbesto, polvere di carbone, sostanze chimiche nocive o anche alcuni farmaci.

L’ipotesi che si è voluta verificare nello studio è quella di un contributo della vitamina D, nota per i suoi effetti extra-scheletrici anti-inflammatori documentati in alcuni studio, nell’arrestare la progressione di malattia.

A tal scopo, i ricercatori hanno analizzato l’associazione esistente tra le concentrazioni ematiche di 25(OH)D e la ILD subclinica in soggetti adulti di mezza età o anziani, senza malattia CV all’inizio dello studio.

Sono stati inclusi in questa analisi, pertanto, 6.302 individui partecipanti allo studio MESA per i quali erano disponibili i dati di concentrazione iniziali di 25(OH)D e i dati di imaging di TAC polmonari fino a 10 anni.

Alcune TAC cardiache inizialmente condotte nel periodo 2000-2002 includevano, in parte, anche l’imaging parziale dei polmoni, Alcuni partecipanti allo studio, inoltre, erano stati sottoposti a TAC cardiache di follow-up (visite dalla seconda alla quinta) e a TAC polmonare completa nel corso dell’ultima visita prevista dal protocollo, la quinta, nel triennio 2010-2012).

La condizione di ILD subclinica all’imaging era definita, a livello quantitativo, dalla presenza di aree ad attenuazione elevata (HAA)comprese tra -600 e -250 unità Hounsfield.
I ricercatori hanno valutato le associazioni esistenti tra i livelli di concentrazione di 25(OH)D e i volumi aggiustati HAA e la progressione di queste aree rilevate all’imaging, come pure le associazioni esistenti tra i livelli basali di 25(OH)D e la presenza di anomalie polmonari interstiziali (ILA) determinate qualitativamente in modo dicotomico (si/no) da scansioni polmonare complete eseguite durante l’ultima visita di controllo.

I risultati ottenuti sono stati successivamente corretti in base alle caratteristiche socio-demografiche, ad alcuni fattori legati allo stile di vita (tabagismo) e in base ai volumi polmonari.
I partecipanti allo studio avevano un’età media di 62,2 (± 10) anni. Più della metà della coorte (53%) era costituita da donne; l’etnia Caucasica era rappresentata nel 39% del campione, quella Nera nel 27%, quella Ispanica nel 22% e quella Cinese nel 12% del campione.
 
Risultati principali
Analizzando i dati, è emerso che un individuo su 3 presentava livelli ematici di 25(OH)D di gran lunga superiori alla sufficienza (≥30 ng/mL), il 35% aveva concentrazioni intermedie (da 20 a <30 ng/mL), mentre il 32% versava in condizioni di deficit vitaminico (<20 ng/mL).
 
Focalizzando l’attenzione su questi ultimi, i ricercatori hanno osservato che livelli deficitari di 25(OH)D erano associati:

1) a maggior volume HAA aggiustato, al basale (2,7 cm3, IC95%= 0,9-4,5);

2) ad un incremento della progressione di queste aree nel corso di un follow-up mediano di 4,3 anni (2,7 cm3, IC95%= 0,9-4,4; P<0,05) e 3) ad una prevalenza maggiore di ILA 10 anni dopo (OR =1,5; IC95%= 1,1-2,2).
 
Implicazioni dello studio
In conclusione, il deficit vitaminico D è associato in modo indipendente con la ILD subclinica e la sua progressione, sulla base dell’incremento dei valori di HAA e di ILA.

Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno voluto sottolineare come “i risultati del lavoro siano consistenti con precedenti pubblicazioni in letteratura che hanno documentato l’esistenza di una relazione tra la condizione di ipovitaminosi D ed altre patologie respiratorie”.

“Dal momento che – continuano – le concentrazioni di 25(OH)D sono facilmente misurabili e facili da trattare con la supplementazione, una modesta esposizione alla luce solare o entrambe, lo studio invita a tenere in maggior considerazione questo potenziale fattore di rischio modificabile nei primi stadi di ILD.

A questo riguardo, i ricercatori hanno ricordato che è in corso di svolgimento il trial randomizzato VITAL (VITamin D and OmegA-3 TriaL), avente l’obiettivo di valutare l’effetto della supplementazione vitaminica D sulle esacerbazioni da malattia respiratoria cronica.

NC

Bibliografia
Kim SM et al. Serum 25-Hydroxyvitamin D Concentrations Are Associated with Computed Tomography Markers of Subclinical Interstitial Lung Disease among Community-Dwelling Adults in the Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis (MESA). The Journal of Nutrition, nxy066,