Gli sportivi coinvolti in attività fisiche ad impatto elevato necessitano di livelli di vitamina D superiori a quelli normali.
La conferma giunge da uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Foot & Ankle Surgery.
Come è noto, la vitamina D gioca un ruolo cruciale nell’assicurare livelli di densità ossea appropriati.
Il ruolo della vitamina D nell’organismo umano è recentemente divenuto argomento di crescente interesse nella comunità scientifica in ragione degli effetti pleiotropici che questo ormone eserciterebbe in diversi organi ed apparati.
Lo studio in questione ha valutato le concentrazioni ematiche di 25(OH)D in pazienti con fratture da stress (tipiche dell’attività sportiva agonistica), ovvero quelle lesioni parziali o, più raramente, totali delle ossa, dovute a problemi di resistenza e di adattamento delle stesse a sollecitazioni intense e ripetitive.
“Attraverso la valutazione delle concentrazioni medie di vitamina D riscontrate nei soggetti colpiti da fratture da stress e la loro messa a confronto con le concentrazioni raccomandate dalla linee guida attuali, la nostra intenzione era di incoraggiare l’avvio di una discussione in merito all’opportunità di raccomandare livelli più elevati di vitamina D da raggiungere nel sangue degli atleti per prevenire l’insorgenza di questo tipo di fratture – scrivono gli autori del lavoro”.
Con questo obiettivo in mente, i ricercatori hanno passato in rassegna le cartelle cliniche relative a pazienti che avevano sperimentato dolore alle estremità inferiori, con sospetta frattura da stress, in un periodo di tempo compreso tra il 2011 e il 2014.
Tutti i pazienti inclusi nello studio erano stati sottoposti ad esame radiografico delle estremità coinvolte dall’evento fratturativo e, successivamente, ad esame di risonanza magnetica (MRI) in assenza di rilievo di frattura acuta, nonostante vi fosse, all’esame obiettivo, il sospetto della presenza di una frattura da stress.
I radiologi muscoloscheletrici hanno passato in rassegna, in modo indipendente, tutti i referti di risonanza magnetica, e i ricercatori hanno successivamente confermato la diagnosi di frattura da stress dopo aver visto i referti.
Lo studio ha registrato i livelli ematici di vitamina D a 3 mesi dalla diagnosi di frattura relativi a 53 pazienti (il 42,74% del totale). Utilizzando gli standard raccomandati (the Vitamin D Council), che indicano come range di sufficienza vitaminica un intervallo di valori di 25(OH)D compreso tra 40 e 80 ng/mL, è emerso che l’80% di questi pazienti mostrava livelli di vitamina D insufficienti o addirittura deficitari. Stando, invece, ai criteri dell’Endocrine Society USA, che indicano come range di sufficienza vitaminica un intervallo di valori di 25(OH)D compreso tra 30 e 100 ng/mL, più del 50% dei pazienti presentava livelli ematici insufficienti di vitamina D.
“Sulla base di queste osservazioni – argomentano gli autori – raccomandiamo il raggiungimento di livelli ematici di vitamina D pari, almeno, a 40 ng/mL in funzione protettiva contro le fratture da stress, soprattutto negli sportivi impegnati in attività ad impatto elevato”.
“I nostri risultati – continuano – concordano con quelli relativi ad uno studio precedente condotto su 600 donne della marina militare USA, nel corso del quale è stato documentato un rischio 2 volte superiore di incidenza di fratture da stress alla tibia e al perone nelle donne con livelli di vitamina D <20 ng/nL rispetto a quelle con concentrazioni vitaminiche al di sopra dei 40 ng/mL.
Gli autori, tuttavia, ricordano nelle conclusioni come la vitamina D non rappresenti l'unico predittore di vitamina D esistente. Di qui la raccomandazione per gli sportivi a sottoporsi a regimi di training appropriati e graduali per ridurre il rischio di andare incontro a stress da frattura.
Bibliografia
Miller JR et al. Association of Vitamin D With Stress Fractures: A Retrospective Cohort Study. J Foot Ankle Surg. 2015 Sep 23. pii: S1067-2516(15)00374-9. doi: 10.1053/j.jfas.2015.08.002. [Epub ahead of print]
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