Vitamina D e fertilità femminile, quale legame?



Livelli adeguati di vitamina D sono associati ad outcome di fertilità migliori nelle donne sottoposte a trattamento per la riproduzione assistita.
Lo dimostrano i risultati di una metanalisi di recente pubblicazione online sulla rivista Human Reproduction che suffragherebbero il razionale delle supplementazione vitaminica come ausilio alle tecniche di riproduzione assistita.

Razionale e disegno dello studio
In letteratura esistono dati che documentano come il deficit vitaminico D sia associato ad un innalzamento del rischio di problemi di impianto embrionale come pure di complicanze ostetriche quali la pre-eclampsia e la riduzione della crescita fetale.
Ad oggi, tuttavia, sono ancora poco noti gli effetti della vitamina D sul concepimento e gli outcome iniziali legati allo stato gravidico nelle coppie che scelgono la strada delle tecniche di riproduzione assistita.

Obiettivo di questa metanalisi, pertanto, è stato quello di verificare se i livelli sierici fi vitamina D sono associati con il tasso di natalità nelle donne sottoposte a pratiche di riproduzione assistita.

E’ stata condotta, pertanto, una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici, finalizzata all’individuazione degli studi che avevano riferito dell’esistenza di un’associazione tra la vitamina D e gli outcome legati al trattamento per la riproduzione assistita.
Dalla ricerca bibliografica sono stati estrapolati 11 studi relativi all’argomento in questione, per un totale di 2.700 pazienti. Su questi è stata effettuata successivamente la metanalisi dei dati.

Risultati principali
Dai risultati della metanalisi è emerso che le donne con livelli adeguati di vitamina D avevevano una probabilità superiore del 33% di portare a termine con successo lo stato di gravidanza rispetto a quelle con livelli insufficienti o deficit conclamato di vitamina D (OR= 1,33, IC95%= 1,08-1,65).

Non solo: le donne con livelli adeguati di vitamina D avevano anche ad una probabilità superiore del 34% di risultare positive al test di gravidanza (OR= 1,34; IC95%= 1,04-1,46) e del 46% di raggiungere lo stato di “gravidanza clinica” (gravidanza che può già essere dimostrata ed è ben visibile con l’ecografia) (OR=1,46; IC95%= 1,05-2,02).

I ricercatori, però, non sono stati in grado di documentare l’esistenza di un’associazione significativa tra le concentrazioni di vitamina D e il rischio di aborti spontanei (OR= 1,12; IC95%= 0,81-1,54).

Solo il 26% delle donne reclutate negli studi scelti per la metanalisi avevano livelli sufficienti di vitamina D (>30 ng/mL), a fronte di un 45% di donne con livelli insufficienti (<30 ng/mL) e di un 35% di donne con livelli vitaminici decisamente deficitari (<20 ng/mL). Implicazioni dello studio I risultati della metanalisi forniscono forti evidenze di un ruolo positivo della vitamina D sugli outcome legati alla gravidanza, scrivono gli autori nelle conclusioni dello studio. Studi già presenti in letteratura hanno documentato l'esistenza di variazioni stagionali dei tassi di concepimento, con un'incidenza di tassi maggiori in corrispondenza della stagione estiva e autunnale: “I meccanismi esatti alla base di quanto osservato non sono ancora chiari. É probabile che un incremento del tempo di esposizione solare e una maggiore luce si accompagni ad in incremento delle quantità di vitamina D immagazzinate nell'organismo”. Non solo: studi precedenti hanno anche mostrato come la vitamina D abbia un impatto sull'immunomodulazione a livello endometriale, riducendo i livelli delle citochine attive infiammatorie: L'espressione dei recettori della vitamina D a livello endometriale e il ruolo della vitamina D nella trascrizione del gene HOX10A (che sembra avere un ruolo chiave nei meccanismi d'impianto embrionale) suggeriscono che gli effetti immunomodulatori della vitamina D potrebbero avere un impatto diretto sull'impianto e, quindi, sulle probabilità di successo di un trattamento di riproduzione assistita. D'altro canto, non si può ancora escludere, allo stato attuale, che i livelli di vitamina D siano semplicemente un marker di buona salute generale. “Il test per la misurazione delle concentrazioni di vitamina D è relativamente poco costoso ed ampiamente disponibile e la supplementazione vitaminica un intervento relativamente poco costoso – ricordano i ricercatori nelle conclusioni del lavoro”. “Pertanto – aggiungono – non si può escludere che una correzione del deficit vitaminico D possa essere utile nelle donne sottoposte a tecniche di riproduzione assistita, anche se non è ancora possibile raccomandare questa opzione fino alla pubblicazione dei risultati di studi di intervento sull'efficacia della supplementazione vitaminica D nella popolazione infertile”. Bibliografia
Chu J et al. Vitamin D and assisted reproductive treatment outcome: a systematic review and meta-analysis. Human Reproduction, 2017; e-pub ahead-of-print
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