Vitamina D, polimorfismi recettoriali e vitiligine: quale relazione?



I risultati di una recente metanalisi hanno dimostrato che un determinato polimorfismo genico del recettore della vitamina D (VDR) aumenta la suscettibilità al rischio di vitiligine. Non solo: esisterebbe anche una correlazione positiva tra i livelli sierici di 25(OH)D circolante e l’incidenza di questa malattia.

 

Lo studio è stato pubblicato online sulla rivista Medicine ed è incoraggiante in quanto suggerisce la messa a punto di studi prospettici in grado di determinare se la supplementazione di vitamina D possa effettivamente migliorare la prognosi della vitiligine.

 

Qualche informazione sulla malattia

La vitiligine è una malattia poligenica autoimmunitaria, che si caratterizza per la depigmentazione acquisita, localizzata o generalizzata, della cute. Può interessare qualunque area del corpo e le regioni esposte a questa malattia riducono in modo serio la qualità di vita di questi pazienti.

 

Sono state avanzate varie ipotesi per spiegare l’insorgenza di vitiligine: di queste, la distruzione dei melanociti causata da anomalie della funzione immunitaria è divenuta l’ipotesi etiopatogenetica che gode attualmente di maggior credito tra gli esperti di ricerca sulla malattia.

 

Le ipotesi sul coinvolgimento della vitamina D e del suo recettore nella vitiligine

La vitamina D e i suoi derivati  esplicano una funzione biologica mediata dal recettore VDR. Studi precedenti di letteratura hanno confermato che VDR non è solo coinvolto nella crescita dell’osso ma anche nella regolazione della funzione delle cellule T e nella funzione biologica dei melanociti.

 

L’associazione tra i polimorfismi del recettore VDR, i livelli sierici di 25(OH)D e la vitiligine è stata oggetto di numerosi studi clinici ed epidemiologici nel corso degli ultimi anni, con risultati però contrastanti.

 

Di qui la nuova metanalisi degli studi finora pubblicati sull’argomento, finalizzata a valutare la forza dell’associazione tra i 4 principali polimorfismi genici del recettore VDR (BsmI, ApaI, TaqI, e FokI), i livelli sierici di 25(OH)D e il rischio di vitiligine.

 

A tal scopo, è stata condotta una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici (Pubmed, Cochrane, Ovid…) che ha portato all’identificazione di 17 studi, sui quali è stata condotta la successiva metanalisi per la valutazione della relazione esistenti tra i 4 polimorfismi genici noti del recettore VDR (BsmI, ApaI, TaqI, e FokI), i livelli sierici di 25(OH)D e l’incidenza di vitiligine.

 

L’analisi degli studi ha dimostrato che solo il polimorfismo genico Apal del recettore VDR era associato ad un innalzamento del rischio di vitiligine.

 

Inoltre, la condizione di deficit vitaminico D in circolo è risultata positivamente associata con l’incidenza di vitiligine (P<0,0001, SMD= 0,94, IC95%= 1,39,  0,48).

 

Riassumendo

I risultati di questa metanalisi suffragano la teoria dell’autoimmunità nella spiegazione dell’etiopatogenesi delle vitiligine e del suo legame con i livelli circolanti di vitamina D.

 

“La vitiligine attiva – spiegano i ricercatori nella discussione del lavoro – si caratterizza per un’invasione dei linfonodi periferici, che possono invadere la zona della membrana basale dei melanociti, dando luogo a fenomeni di riduzione o di assenza di queste cellule, infiltrazione linfocitaria a livello del derma superficiale e ad infiltrazione e aggregazione di linfociti T, macrofagi e cellule dendritiche”.

 

“La vitamina D – continuano i ricercatori – può aumentare la produzione di cellule che presentano l’antigene e di cellule T, produrre un ampio numero di cellule regolatorie T (CD4+ e CD25+) ed indurre immunotolleranza. Pertanto il polimorfismo del gene VDR e i livelli sierici di 25(OH)D possono essere strettamente correlati con l’insorgenza e lo sviluppo di vitiligine”.

 

 

Bibliografia

Zhang J-Z et al. Vitamin D receptor gene polymorphism, serum 25-hydroxyvitamin D levels, and risk of vitiligo A meta-analysis. Medicine (2018) 97:29(e11506)

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