Pubblicato venerdì 27 dicembre 2019
Nelle donne sottoposte a riproduzione assistita un corretto livello di vitamina D è collegato a migliori tassi di natalità.
Una recente meta-analisi, pubblicata su Human Reproduction, una delle principali riviste di medicina riproduttiva del mondo, evidenzia infatti un forte legame tra basse concentrazioni di vitamina D nelle donne e tassi di nati vivi dopo la PMA (procreazione medicalmente assistita) inferiori rispetto a quelli delle pazienti con adeguati livelli del nutriente.
Va sottolineato che questi risultati non significano automaticamente che la supplementazione migliori le possibilità di fare arrivare la cicogna, ma sottolinea l’associazione tra tasso di natalità e corretti livelli di vitamina D nel sangue. L’effetto benefico della correzione della carenza o dell’insufficienza di vitamina D dovrà invece essere testato eseguendo uno studio clinico ad hoc.
Nel frattempo, le donne che vogliono ottenere una gravidanza con la PMA devono affidarsi ai consigli dello specialista, evitando di correre in farmacia per acquistare integratori di vitamina D, a meno che non siano prescritti. Il fai da te può anche portare a un’overdose di vitamina D, che può causare un eccessivo accumulo di calcio nel corpo, con conseguenti indebolimenti delle ossa e danneggiamento di cuore e reni.
Lo studio
I ricercatori hanno analizzato i dati di 11 studi pubblicati che includevano 2.700 donne sottoposte PMA e il cui stato di vitamina D era stato controllato attraverso esami del sangue.
È emerso che le donne con i giusti livelli di questo nutriente avevano un terzo di probabilità in più di avere nati vivi.
Sono state considerate sufficienti le concentrazioni di vitamina D superiori a 75 nanomoli per litro di sangue (nmol/L), insufficienti quelle inferiori, carenti se con meno di 50 nmol/L.
Un risultato simile è stato visto quando i ricercatori hanno esaminato i risultati dei test di gravidanza e delle gravidanze cliniche (dove è stato possibile rilevare un battito cardiaco fetale). Rispetto alle donne che avevano concentrazioni di vitamina D carenti o insufficienti, le pazienti che ne avevano un livello sufficiente presentavano il 34% di probabilità in più di avere un test di gravidanza positivo e il 46% in più di ottenere una gravidanza clinica. Non sono state riscontrate associazioni tra aborto spontaneo e concentrazioni di vitamina D.
Una scoperta sorprendente è stata l’alta prevalenza di carenza di vitamina D tra le donne studiate: solo il 26% di loro aveva concentrazioni sufficienti del nutriente; nel 35% era carente e nel 45% insufficiente.
L’ipotesi è che la vitamina D possa influire in qualche modo sul successo dell’impianto embrionale nel grembo materno o che sia indice del benessere generale delle donne.