L’integrazione di vitamina D può rallentare la progressione del diabete



La vitamina D potrebbe essere un prezioso alleato per le persone con diabete di tipo 2. La sua integrazione infatti può rallentare la progressione della malattia nei pazienti con diagnosi recente e in quelli con prediabete. È quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato nell’European Journal of Endocrinology. I risultati suggeriscono infatti che l’integrazione ad alte dosi di vitamina D può migliorare il metabolismo del glucosio per aiutare a prevenire lo sviluppo e la progressione del diabete.

 

Il diabete

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzionalità dell’insulina. Quest’ultimo è un ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.

Quella di tipo 2 è la forma più comune, di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia, purtroppo sempre più diffusa. Può portare a gravi problemi di salute tra cui danni ai nervi, cecità e insufficienza renale.

Esistono dei fattori di rischio che possono portare a identificare le persone che maggiormente corrono il pericolo di svilupparlo, tra questi:

  • obesità
  • scarso esercizio fisico
  • familiarità (consanguinei con diabete di tipo 2)

 

La vitamina D e il diabete

I bassi livelli di vitamina D sono stati associati in passato a un aumento del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.

Stranamente, alcuni studi non avevano riportato alcun miglioramento della funzione metabolica in caso di supplementazione. Tuttavia, va sottolineato che la validità dei risultati di queste ricerche spesso era limitata da un basso numero di partecipanti o da pazienti inizialmente sani o al contrario affetti da lungo tempo da diabete 2. Di conseguenza, in questo settore, sono necessari ulteriori approfondimenti.

 

Inoltre, cosa pensare quando si tratta di pazienti con diagnosi recente di diabete di tipo 2 o ad alto rischio di sviluppare questa condizione? Il nuovo studio si è dedicato proprio a loro, esaminando l’effetto dell’integrazione di vitamina D sul metabolismo del glucosio in questa categoria di persone.

 

Per valutare l’effetto di questa terapia, i marcatori della funzione insulinica e del metabolismo del glucosio sono stati misurati prima e dopo sei mesi di supplementazione di vitamina D ad alto dosaggio (circa 5-10 volte la dose raccomandata).

 

Dall’analisi dei risultati è emerso che l’integrazione con vitamina D ha migliorato significativamente l’azione dell’insulina nel tessuto muscolare dei partecipanti dopo sei mesi.

“La ragione per cui abbiamo visto miglioramenti nel metabolismo del glucosio in seguito all’integrazione di vitamina D nelle persone ad alto rischio di diabete, o con diabete appena diagnosticato, mentre altri studi non sono riusciti a dimostrare un effetto nelle persone con diabete di tipo 2 di lunga durata non è chiaro” spiega Claudia Gagnon, del dipartimento di medicina dell’Università di Laval (Canada), coautrice dello studio. “Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i miglioramenti della funzione metabolica sono più difficili da rilevare in coloro che hanno una malattia da lungo tempo o che è necessario un periodo di trattamento più lungo per vederne i benefici”.

 

Nel futuro: altre ricerche ma anche maggiori speranze

Il diabete di tipo 2 e il prediabete di tipo 2 sono una preoccupazione crescente per la salute pubblica. Gli attuali risultati però sono promettenti, anche se sono consigliabili ulteriori studi per confermarli. In particolare, sarà interessante valutare se alcune tipologie di persone possono trarre maggiori benefici da questo intervento. Inoltre sarà indispensabile anche valutare la sicurezza dell’integrazione di vitamina D ad alte dosi a lungo termine. Si potrà per esempio valutare se ci sono singoli fattori clinici o genetici che influenzano il modo in cui le diverse persone rispondono all’integrazione di vitamina D e se l’effetto positivo sul metabolismo viene mantenuto a lungo termine.

Nell’attesa, ovviamente, gli autori dello studio consigliano di seguire le attuali raccomandazioni sull’integrazione di vitamina D.